I DSA (disturbi di apprendimento) interessano la condizione clinica evolutiva di difficoltà di apprendimento della lettura, della scrittura e del calcolo che si manifestano con l’inizio della scolarizzazione.

Sono, pertanto, escluse le patologie di apprendimento acquisite. I riferimenti internazionali utilizzati nella definizione e classificazione dei disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) sono:

  •  ICD-10 (F81 Disturbi evolutivi specifici delle abilità scolastiche)
  •  DSM IV TR (315 Disturbi dell’apprendimento).

Si tratta di disturbi che coinvolgono uno specifico dominio di abilità, lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale. Essi, infatti, interessano le competenze strumentali degli apprendimenti scolastici. 

Sulla base del deficit funzionale vengono comunemente distinte le seguenti condizioni cliniche:

  • dislessia, cioè disturbo nella lettura (intesa come abilità di decodifica del testo);
  • disortografia, cioè disturbo nella scrittura (intesa come abilità di codifica fonografica e competenza ortografica);
  • disgrafia, cioè disturbo nella grafia (intesa come abilità grafo-motoria);
  • discalculia, cioè disturbo nelle abilità di numero e di calcolo (intese come capacità di comprendere e operare con i numeri).

(Disturbi specifici dell’apprendimento CONSENSUS CONFERENCE  2010)

 

Cos’è la disgrafia?

La scrittura rappresenta un elemento distintivo dei bambini /ragazzi: quando tale competenza non viene raggiunta, si denota una difficoltà in compiti più o meno complessi che richiedono la capacità oculo-motoria e la coordinazione occhio-mano.

La disgrafia è attualmente ancora oggetto di esame. L’associazione italiana dei ricercatori e degli esperti che si occupano di DSA, AIRIPA (Associazione Italiana per la Ricerca e l’Intervento in Psicopatologia dell’Apprendimento) ha creato a ottobre 2010 un gruppo di lavoro per chiarire tale disturbo e individuare la differenza tra “disturbo” e “difficoltà”:

  • Un vero disturbo si caratterizza per il fatto di essere profondamente radicato nel bambino e quindi di essere suscettibile solo di lenti e parziali miglioramenti. Il disturbo è infatti legato alle preesistenti strutture neurali del bambino ed è tipicamente associato ad altri sintomi neuropsicologici.
  • Una difficoltà nel grafismo può invece avere un carattere temporaneo ed essere anche associata a fattori di ordine motivazionale ed emotivo.

«Difficoltà» e «disturbo», dunque, non sono sinonimi e devono perciò essere usati in maniera corretta a seconda della situazione a cui facciamo riferimento, in modo da non attribuire etichette pesanti ed errate a bambini che, con un piccolo aiuto, possono recuperare le loro difficoltà, o per non sottovalutare situazioni che richiedono un intervento specifico e qualificato.

I parametri fondamentali da osservare e analizzare, per fare una diagnosi di disgrafia, sono: 

  • l’intelligibilità del testo scritto; 
  • la fluenza (ovvero la velocità con il quale viene prodotto).

Spesso quest’ultimo parametro viene trascurato, ma risulta estremamente importante, in quanto un bambino lento nella scrittura, tendenzialmente, farà fatica a stare al passo con le richieste scolastiche (ad esempio, nei dettati).

L’apprendimento della scrittura implica principalmente due fattori

  • un buon livello mentale, capacità di usare il pensiero simbolico e quindi di accettare il segno grafico in sostituzione del suono corrispondente. Questo fattore è essenziale affinché chi apprende la scrittura comprenda perché scrive e che cosa scrive. Si può affermare, però, che, a parte casi gravi, la struttura mentale di uno bambino di circa sei anni è capace di svolgere un processo così tipicamente sociale ed è un dato acquisito nel patrimonio genetico della cultura occidentale; 
  • un sufficiente coordinamento oculo-motorio per guidare la mano, ossia un sufficiente livello prassico. 

 

Corsivo o Stampatello?

Il bambino che inizia l’apprendimento della scrittura, ossia che comincia a scrivere, usa sovente il corsivo perché così gli viene imposto o perché trova il corsivo nei libri di testo, non perché il corsivo sia il carattere grafico più vicino alla sua manualità o alla sua percezione visiva.

Per una scelta tradizionale, legata probabilmente alla scrittura amanuense, l’uso del corsivo ha una ragione storica, non pratica o didattica, poiché non è un carattere grafico spontaneo o più immediato, in senso percettivo.

Il carattere più semplice è lo stampatello. Innanzitutto, è quello che il bambino ha più occasione di vedere, poi esso permette una scomposizione delle parole in singole lettere, allo stesso modo in cui le parole sono scomposte in singoli suoni; inoltre, tale scrittura presenta meglio delle altre quelle proprietà topologiche che facilitano il riconoscimento.

Si dovrebbe poi evitare di presentare più forme di scrittura contemporaneamente, soffermarsi per un tempo più lungo sui suoni difficili, dare indicazioni molto precise per la scrittura sul movimento della mano, la direzione del gesto e le dimensioni; in questo modo l’alunno con difficoltà potrà avere modelli di riferimento e parametri precisi.

Per creare familiarità con le lettere e facilitare il processo di memoria percettiva della loro forma, si potrebbe inoltre utilizzare una metodologia di tradizione montessoriana: far manipolare le lettere ai bambini, farle loro disegnare e ritagliare di grandi dimensioni, costruirle con la creta, con la carta vetrata, con il corpo in palestra.

 

Valutazione della disgrafia

La diagnosi di disgrafia può essere fatta attraverso un percorso valutativo che tenga presente di tutto il funzionamento del soggetto in questione; è fondamentale inoltre, considerare i seguenti punti:

  • il testo risulta illeggibile o quasi illeggibile anche quando il bambino scrive nel carattere e nel tipo di foglio a lui più familiare;
  • il deficit si è verificato per lungo tempo in tutte le manifestazioni della scrittura del bambino;
  • i tentativi di migliorare il grafismo del bambino non hanno avuto successo.

Per una valutazione approfondita e/o di II livello, (caratterizzazione del segno grafico) è necessaria la somministrazione di strumenti standardizzati

  • Scala BHK (Hamstra- Bletz, 1993; pubblicata, con standardizzazione italiana, da C. Di Brina e G. Rossini nel 2011, edizioni Erickson); 
  • prova di trascrizione di frase (presentata inizialmente nel volume teorico de Il corsivo dalla A alla Z di L. Blason, L. Bravar, M. Borean e S. Zoia del 2004, Ed. Erickson) la cui standardizzazione in funzione di test è in corso di pubblicazione (Borean M., Paciulli G., Bravar L., Zoia S. “Test DGM-Post).

 

Un bambino disgrafico mostrerà varie caratteristiche oltre a quelle menzionate; farà fatica nella gestione degli spazi (macro e micro), smarrimento del rigo, disordine, si stanca facilmente, difficoltà nella concentrazione, errori ortografici.

Pertanto è fondamentale valutare in modo preciso e funzionale le persone che presentano queste difficoltà, così da evidenziare un profilo clinico completo.

 

I trattamenti per la disgrafia 

Come si è visto, la disgrafia non è solo un problema motorio, ma anche di organizzazione e integrazione visuospaziale, spazio temporale, ecc. 

Non è possibile, dunque, in un programma riabilitativo, lavorare solo sulla grafo motricità quando si pensa alla rieducazione del disgrafico.

Risulta fondamentale l’applicazione di esercizi ulteriori al training grafo-motorio, ovvero:

  • Attività tattile-percettiva mediante giochi ed attività manuali, tattili e sensoriali;
  • Attività bimanuali e prassico costruttive attraverso attività manuali, attività costruttive, prassiche e manipolative;
  • Lavoro sull’abilità fine-motorie attraverso attività in cui è necessaria la manipolazione di oggetti di diversa forma, dimensione e consistenza (perle, chiodini, pongo) e sulle prassie bimanuali (avvitare, svitare, fare una collana, tagliare, incollare) e con esercizi di rinforzo della muscolatura intrinseca della mano, tramite attività ludiche.

Ogni percorso terapeutico va costruito sul paziente in base alle caratteristiche individuali e tenendo presente sia le aree deficitarie che i punti di forza.

 

BIBLIOGRAFIA

ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE 2/2010 La dislessia e i disturbi specifici di apprendimento Teoria e prassi in una prospettiva inclusiva A cura di Giovanni Simoneschi Pag. 51 DISLESSIA, DISGRAFIA E DIDATTICA INCLUSIVA Leonardo Trisciuzzi i paragrafi 2 e 3; di Tamara Zappaterra i paragrafi 1 e 4. L’articolo riprende rielaborando alcuni paragrafi del volume L. Trisciuzzi – T. Zappaterra, La dislessia. Una didattica speciale per le difficoltà nella lettura, Guerini, Milano 2005 e del saggio T. Zappaterra, La lettura come barriera. Dislessia e didattica inclusiva, in R. Biagioli – T. Zappaterra (a cura di), La scuola primaria. Soggetti, contesti, metodologie e didattiche, Edizioni ETS, Pisa 2010.
Criteri per la diagnosi di disgrafia: una proposta del gruppo di lavoro AIRIPA M.R. Russo*, R. Tucci*, C. Cornoldi°, P. Tressoldi°, C. Vio §, G. Bilancia^, C. Di Brinaû, M. Boreans, L.Bravars, S. Zoias, R. Iozzino Pratelli M. Disgrafia e recupero delle difficoltà grafo-motorie. Edizioni Erickson. Gardolo (TN) 1995
Dislessia come disprassia sequenziale. La sindrome dislessica. Dalla diagnosi al trattamento.Le pratiche ecologico-dinamiche Pietro Crispiani (2011)