Attualmente la tecnologia permea la quotidianità delle persone e la sua applicazione in tutti gli ambiti, da quello lavorativo a quello scolastico, sanitario e dei servizi pubblici rende necessaria una progettazione fruibile e accessibile per tutti gli utenti, indipendentemente dalle loro competenze. 

Pertanto, ad oggi, garantire l’inclusione digitale non significa più fornire una buona connessione e disporre di mezzi tecnologici ma riconoscere un diritto alla partecipazione

Spesso l’accessibilità tecnologica è correlata ad ausili e strategie di Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA) quando, in realtà, si estende a una vasta gamma di soluzioni che permettono l’utilizzo della tecnologia, in maniera autonoma e significativa, a tantissime persone.

 

Oltre la CAA: progettazione e accessibilità

Secondo Andrich, figura di rilievo nel campo delle tecnologie assistive e della disabilità in Italia, per accessibilità si intendel’adattamento dell’ambiente alle persone che ne fruiscono che si riferisce alla fruibilità generale dell’ambiente e delle sue componenti da parte di tutti e non ad adattamenti specifici per persone disabili.

Come sottolinea lo stesso autore, inoltre, “l’accessibilità è un prerequisito fondamentale, è il primo linguaggio che l’ambiente comunica alla persona: quando le forze fisiche decrescono o determinate abilità sono compromesse, nella mia percezione la prima cosa che emerge con evidenza non è tanto il mio deficit, quanto l’accoglienza o l’ostilità con cui l’ambiente circostante-architettonico, tecnologico, organizzativo- mi si manifesta” (Andrich, 2011)

L’approccio basato sulla progettazione universale, noto come “Universal Design” nasce negli anni ’80 e ha lo scopo di creare prodotti, ambienti e servizi utilizzabili da chiunque, senza necessità di adattamenti o soluzioni speciali mirando, quindi, ad una soluzione comune per tutti gli utenti.

Sebbene questo approccio tenti di identificare soluzioni uniche e inclusive che funzionino per tutti, a partire dalla progettazione (come ingressi ampi e senza gradini che agevolano l’accesso a persone anziane e consentono spazio di manovra sia alle persone in carrozzina che ai genitori con passeggini), non tiene conto della complessità umana.

La filosofia dell’approccio “Design for All”, invece, mette al centro la diversità umana riconoscendo che non sempre è sufficiente un’unica soluzione per tutti gli utenti. 

Spesso, infatti, servono strategie alternative per cui un’app, un software o una piattaforma digitale accessibile, dovrebbe poter essere:

  • navigabile tramite screen reader per utenti ciechi o ipovedenti;
  • utilizzabile tramite comandi vocali o interfacce alternative per persone con disabilità motorie, come ad esempio scansioni automatiche o manuali;
  • comprensibile grazie all’uso di un linguaggio semplificato senza tecnicismi, icone intuitive e layout con contrasti adeguati, per utenti con difficoltà cognitive e sensoriali;
  • compatibile con software e ausili specifici, come tastiere adattate, emulatori di mouse e sensori.

 

L’importanza della formazione

Negli ultimi anni, numerosi sviluppi tecnologici hanno contribuito a rendere l’ambiente digitale più accessibile e partecipativo integrando la filosofia “Design for All” che abbraccia la diversità umana declinando più soluzioni e strategie per gli utenti.

La possibilità di combinare voce, tocco, scansione, sguardo ha rivoluzionato l’accesso alla tecnologia. Sistemi di eye-tracking, emulatori di mouse e assistenti vocali (come Siri, Alexa o Google Assistant) consentono un’interazione naturale, anche in assenza di parola o mobilità.

L’avvento dell’Intelligenza Artificiale (AI) poi, ha ulteriormente potenziato le possibilità di accesso alla tecnologia. Ad esempio, algoritmi di riconoscimento visivo permettono di descrivere immagini e ambienti a persone cieche oppure sistemi di predizione e correzione del testo personalizzata che aiutano chi ha difficoltà motorie o cognitive a comunicare più rapidamente.

Nonostante le innovazioni, il cambio di paradigma avviene quando l’accessibilità diventa parte della cultura progettuale e organizzativa. Molte barriere digitali, infatti, non derivano da limiti tecnologici, ma da mancanza di consapevolezza.

Pertanto, informare e formare istituzioni, designer, sviluppatori, professionisti sanitari e docenti sui principi dell’accessibilità consente di prevenire a monte l’esclusione di determinate categorie di persone, tra le quali anziani, persone con limitazioni motorie, sensoriali, cognitive o con disabilità temporanee o permanenti.

Nella pratica quotidiana, l’inclusione digitale si concretizza maggiormente in due contesti di vita che hanno una rilevanza sociale molto importante: la scuola e il luogo di lavoro.

Dunque, mettere a disposizione degli alunni strumenti come lavagne interattive accessibili, app inclusive e materiali didattici in formati alternativi come audio, video o digitali semplificati, oltre a garantire pari opportunità di apprendimento consentono di valorizzare competenze e autonomie, favorendo la partecipazione attiva delle persone con disabilità così come l’utilizzo di software e ambienti inclusivi nell’ambito lavorativo.

L’inclusione digitale è un processo dinamico e condiviso: richiede la collaborazione tra sviluppatori, istituzioni, professionisti e utenti stessi.

Infatti, un approccio olistico in cui anche le persone con disabilità sono coinvolte nella progettazione e nella valutazione delle tecnologie, può garantire soluzioni realmente efficaci.

L’inclusione digitale non è quindi una mera questione tecnico-progettuale, ma un tema sociale e culturale che riflette il grado di consapevolezza di una società.

Rendere la tecnologia veramente accessibile significa ampliare le possibilità di partecipazione e autodeterminazione per moltissime persone.

Le soluzioni esistono e stare al passo con lo sviluppo di tecnologie sempre più sofisticate richiede consapevolezza, formazione e responsabilità condivisa; solo così potremo passare da una tecnologia che “può aiutare” a una tecnologia che appartiene davvero a tutti.

 

Bibliografia

Andrich R., Concetti generali sugli ausili. Milano: Portale Siva, Fondazione Don Carlo Gnocchi, 2011